(Adnkronos) –  Omicidio con l'aggravante mafiosa in quanto avrebbe agito "con modalità plateali avendo portato al seguito l'arma" all'interno del Bahia Beach". E' la contestazione del gip del tribunale di Bari Francesco Vittorio Rinaldi che ha convalidato il fermo, applicando la custodia cautelare in carcere, nei confronti di Michele Lavopa, 21enne, con piccoli precedenti, autoaccusatosi dell'omicidio di Antonella Lopez, 19 anni, avvenuto nella notte tra sabato e domenica in una discoteca-lido vicino Molfetta. Per il gip Lavopa ha fatto uso, "con spregiudicatezza e noncuranza delle condizioni di affollamento del locale", in cui erano presenti centinaia di persone, "agendo a volto scoperto, nella consapevolezza che nessuno avrebbe reso dichiarazioni all'autorità giudiziaria, per effetto delle condizioni di assoggettamento ed omertà derivanti dal potere di intimidazione dei sodalizi di tipo mafioso, operanti sul territorio di Bari e provincia, nonché al fine di agevolare il sodalizio di tipo mafioso operante nel quartiere San Paolo di Bari, affermandone la supremazia mafiosa, in contrapposizione al clan Parisi/Palermiti".  Lavopa, nel corso della sua confessione, domenica sera, davanti al pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia Federico Perrone Capano e anche ieri durante l'interrogatorio di garanzia davanti al gip, ha ammesso il delitto, determinato, secondo quanto ha raccontato, dal fatto di essersi sentito provocato nella discoteca dal gruppo di amici della ragazza, in particolare Eugenio Palermiti, 20 anni, nipote dell'omonimo boss della criminalità barese. Avrebbe influito in quella reazione, che ha portato a conseguenze estreme, di cui nel corso dell'interrogatorio si sarebbe dichiarato dispiaciuto, il pestaggio che avrebbe subito sei o sette anni fa quando era minorenne ad opera dello stesso Palermiti o comunque dal gruppo di quest'ultimo. Un episodio che lo avrebbe cambiato.   Il giovane, che ha riferito di essere andato armato in discoteca per difendersi da eventuali aggressioni, non rare nei locali notturni, ha anche detto che all'inizio insieme ai suoi amici (c'era anche la sua fidanzata) aveva deciso di lasciare quella zona della discoteca proprio per non avere fastidi ma poi, essendo stato circondato e insultato e soprattutto dopo aver visto Palermiti estrarre un'arma, ha impugnato la sua, detenuta illegalmente, e ha sparato. Lavopa deve rispondere anche del delitto di tentato omicidio, anche in questo caso con l'aggravante mafiosa, di Palermiti e di altri tre componenti della comitiva della vittima: F.C., 20 anni, D.R., 25, G.C., 22, tutti rimasti feriti, non in modo grave. Di trenta giorni per ciascuno le prognosi per Palermiti e per il 20enne. Sette i bossoli repertati dalla Polizia di stato sul posto, più un proiettile deformato. La ragazza, secondo quanto rilevato dall'autopsia svoltasi ieri subito dopo l'interrogatorio di garanzia del fermato, è stata raggiunta da due colpi d'arma da fuoco dei quali uno, fatale, le ha reciso l'aorta.   "Tale grave avvenimento pone luce sul fatto che, come in analoghi episodi di cronaca, i rampolli di alcune famiglie di mafia baresi, abbiano scelto le discoteche per 'regolare i conti', nell'immediato o comunque per misurarsi e dimostrare la superiorità del clan di appartenenza", si legge ancora nell'ordinanza.  Come emerso il vero bersaglio di Lavopa sarebbe stato un amico della vittima, Eugenio Palermiti, quasi 20 anni, nipote del boss omonimo del quartiere Japigia, con il quale forse la vittima intratteneva una relazione sentimentale. Alla presunta e asserita provocazione di quest'ultimo e degli altri amici, avrebbe reagito Lavopa sparando sette colpi di una Beretta calibro 7,65 due dei quali hanno colpito la giovane Lopez, trovatasi per caso sulla traiettoria.  Secondo quanto riporta l'ordinanza del gip, ricapitolando le richieste dell'ufficio della Dda, per dimostrare il fatto che le discoteche siano diventate terreno di scontro, "salvo ulteriori verifiche, sono significative le dichiarazioni, sul punto, di Lavopa stesso, che ha dichiarato di essere entrato armato in discoteca, perché 'nell'ultimo periodo, in discoteca, non si sta più tranquilli'. I fatti – si legge ancora nell'ordinanza – appaiono evocativi dell'esistenza di diversi gruppi, corrispondenti ai diversi sodalizi criminali, insediati nel capoluogo barese, e nell'hinterland, alla cui guida si sono posti i più giovani esponenti delle famiglie di riferimento e che hanno, negli ultimi anni, individuato nelle serate di intrattenimento il luogo dove fronteggiarsi, armati, al fine, per un verso, di dimostrare le proprie capacità criminali e, per altro, di affermare il predominio criminale del sodalizio di riferimento". Il contesto territoriale e di contrapposizione tra gruppi malavitosi, i rapporti con il convivente della madre del presunto autore dell'omicidio, ritenuto dagli inquirenti appartenente ad ambienti della criminalità organizzata, le "modalità platealmente violente e cruente" con le quali sono stati commessi i delitti nella discoteca Bahia Beach "sono indubbiamente evocative della forza di intimidazione che promana da soggetti appartenenti ad associazioni mafiose", scrive ancora Rinaldi.  Lavopa non si sarebbe curato del rischio di essere notato e identificato "da numerosissimi testimoni presenti", anzi, "al contrario agendo attraverso modalità simboliche ed evocative della volontà di ostentare la propria presenza violenta sul territorio".  Modalità dunque "proprie di chi rivendica e palesa con evidenza alla vittima e all'intera collettività la propria appartenenza ad un clan mafioso operante sul territorio e che denotano altresì l'ulteriore finalità di agevolare l'operatività di clan mafiosi e che denotano altresì l'ulteriore finalità di agevolare l'operatività di clan mafiosi, assicurandone il controllo del territorio".   —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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